27/05/13 – Bruno Maggi: La prevenzione (inesistente) nei luoghi di lavoro


fonte inchiestaonline.it

27/05/13 – Bruno Maggi: La prevenzione (inesistente) nei luoghi di lavoro

A Bologna, il 27 maggio 2013, si è svolto il 42° Seminario del Programma Interdisciplinare di Ricerca Organization and Well-being, “Contro le ‘danze immobili’ sulla prevenzione nei luoghi di lavoro”, in collaborazione con Inchiesta, CGIL Emilia Romagna, Dipartimento di Scienze Aziendali dell’Università di Bologna. Interventi di: Vittorio Capecchi (Direttore di Inchiesta), Giovanni Rulli (Medicina del lavoro), Paolo Pascucci e Franco Focareta (Diritto del lavoro), Michela Marchiori e Francesco M. Barbini (Teoria dell’organizzazione), Gino Rubini e Andrea Caselli (CGIL Emilia Romagna), coordinazione di Bruno Maggi (Programma Organization and Well-being, Università di Bologna e Ferrara ). Il Programma Interdisciplinare di Ricerca Organization and Well-being realizza da trent’anni prevenzione primaria con attività di analisi di situazioni di lavoro, di progettazione ergonomica, di formazione, e promuove studi, pubblicazioni e dibattiti scientifici (www.taoprograms.org).


Premessa

“Il numero degli infortuni sul lavoro è in calo”, “scendono gli incidenti mortali”, comunica l’INAIL da qualche anno, senza confrontare i dati degli incidenti con i dati riguardanti l’occupazione e il tempo di lavoro, cioè l’effettiva esposizione ai rischi.

La notizia del decremento degli incidenti nei luoghi di lavoro, in particolare gli incidenti mortali, è ripresa di solito con enfasi dai mezzi di comunicazione, e ha come ovvia conseguenza molteplici rassicurazioni, di cui è invece assai opportuno diffidare. Porta, infatti, a credere che la prevenzione sia migliorata. E che ciò dipenderebbe da una serie di fatti tra loro connessi: l’adeguatezza e l’efficacia delle norme vigenti in tema di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, la validità delle “buone pratiche” raccomandate dall’ISPELS e poi dall’INAIL, il comportamento appropriato delle imprese, la fondatezza scientifica dell’approccio alla prevenzione comunemente diffuso e sostenuto dalle discipline del lavoro, e così via. Purtroppo tutto ciò non corrisponde a verità.

La tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro non è affatto migliorata. Le norme vigenti sono peggiori delle precedenti e in genere non sono nemmeno rispettate; le pratiche raccomandate e l’approccio che viene proposto allontanano, di fatto, da una reale prevenzione. E anzitutto non è vero che l’incidenza degli infortuni sia effettivamente in diminuzione.

L’incidenza degli infortuni

Vediamo a confronto alcuni dati. Gli incidenti mortali – secondo l’INAIL – sono stati in media: 3,03 al giorno nel 2007; 3,06 nel 2008; 2,87 nel 2009; 2,68 nel 2010; 2,43 nel 2011; 2,38 nel 2012. Ma non va dimenticato che gli incidenti di cui parla l’INAIL sono esclusivamente quelli ufficialmente dichiarati a questo istituto e riguardanti i lavoratori a esso iscritti per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni. Numerose categorie di lavoratori regolarmente occupati non sono considerate. L’occupazione complessiva è costantemente calata negli stessi anni: secondo i dati ISTAT, nel 2008 sono registrati 128.000 occupati in meno rispetto all’anno precedente, nel 2009 altri 204.000 occupati in meno; la tendenza non varia sino al quarto trimestre 2012, quando il numero degli occupati diminuisce di altre 148.000 unità rispetto a un anno prima. La flessione è particolarmente sensibile nell’industria, e tra i dipendenti a carattere permanente; nel 2012 si arresta inoltre la crescita dei dipendenti a termine. Secondo l’INPS le richieste di disoccupazione nei primi 11 mesi del 2012 sono state 1.285.299, con un aumento del 14,49% rispetto allo stesso periodo del 2011. Contemporaneamente la richiesta di cassa integrazione è aumentata a dismisura: +300% nel 2009 rispetto al 2008; un ulteriore +60% nel 2010; l’INPS attesta che nel 2010 le ore di cassa integrazione sono state quasi 1.200 milioni, 973 milioni nel 2011, 1.090 milioni nel 2012. Le ore lavorate totali sono, per queste ragioni, notevolmente diminuite. Una rilevazione dell’ISTAT pone in evidenza che, accanto alla diminuzione di posti di lavoro, va considerata la riduzione delle ore di lavoro degli occupati: nel secondo trimestre del 2012, ogni lavoratore dipendente ha lavorato un numero di ore in meno pari al 2,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e nell’industria la flessione è stata del 3,2%. Anche in assenza di elaborazioni accurate, che sappiano tener conto congiuntamente delle variabili enumerate, appare evidente che è diminuita l’effettiva esposizione ai rischi. Ciò in generale, e in particolare nell’industria, dove di solito si verificano gli incidenti più gravi. E’ in questo quadro che occorre collocare la valutazione dei dati dell’INAIL sugli infortuni. E chi volesse persistere nel trarre da essi conforto sulla tutela della salute e della sicurezza, dovrebbe contestualmente giustificare il costante aumento delle malattie professionali, attestato dalla stessa fonte INAIL. Rispetto al 2007, le malattie professionali dichiarate hanno fatto registrare nel 2008 un incremento del 4%, nel 2009 del 20%, nel 2010 del 46%, nel 2011 del 60%.

Sin qui, inoltre, si tratta di lavoro regolare. Gli incidenti nel lavoro irregolare non compaiono. Ma non si può non tenerne conto in una valutazione esauriente, solo perché non se ne ha ufficiale notizia. Anche sull’entità del lavoro irregolare si hanno soltanto stime, tuttavia sufficientemente impressionanti. Una stima dell’ISTAT indica per il 2010 due milioni e seicentomila lavoratori “in nero”, molti dei quali svolgono più di un lavoro irregolare, per cui le “unità di lavoro in nero”, secondo il linguaggio usato dall’ISTAT, sarebbero nel 2010 circa tre milioni. Secondo stime dell’Eurispes, già nel 2007 più di un terzo dei lavoratori dipendenti esercitava un secondo lavoro “in nero”, cui si doveva aggiungere il contributo di circa due milioni di pensionati e di circa seicentomila immigrati con permesso di soggiorno. Il lavoro degli immigrati irregolari sfugge anche a queste stime, peraltro sempre prudenti, poiché necessariamente basate su analisi indirette. Quanti sono gli incidenti, e le malattie professionali, nel lavoro irregolare, ove si può presumere che vi sia ancor minore tutela della salute e della sicurezza che nel lavoro regolare? Quanti sono, complessivamente, gli incidenti sul lavoro, quanti in più rispetto ai soli incidenti dichiarati? Infine, si dovrebbero includere nel calcolo i casi di suicidi indotti sia dalla perdita dell’occupazione sia dall’insostenibilità delle sue condizioni. Se si guarda con attenzione all’incidenza dei danni occorsi alla salute dei lavoratori, cominciando dai più gravi e con esiti letali, non si può affermare che negli ultimi anni si sia ridotta, assai probabilmente si è invece accresciuta.

Le pratiche correnti

Invece di coltivare rassicurazioni sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, occorre chiedersi perché non migliora, ma semmai peggiora. Cominciamo dalle pratiche correnti. Come si comportano le imprese? Le grandi imprese, spesso multinazionali, attuano in larga misura scelte di delocalizzazione di parti delle proprie attività. Secondo l’ISTAT il 29,3% delle grandi imprese, e l’11% delle medie imprese, realizza attività all’estero. Nel settore industriale l’incidenza della delocalizzazione di attività all’estero da parte delle grandi imprese è di circa il 32%, per le medie imprese ammonta all’11,3%. La delocalizzazione è solitamente diretta verso paesi caratterizzati da livelli salariali più bassi, ma anche da sistemi legislativi e di controllo meno stringenti in materia di sicurezza sociale, orari di lavoro, tutela delle libertà sindacali, e di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. In gran parte riguarda lavori gravosi e maggiormente soggetti a rischi. Per quanto riguarda le attività svolte sul territorio nazionale, le grandi imprese sono propense a calcolare per le possibili ammende e per le difese legali voci di spesa inferiori a quanto richiederebbe il rispetto delle norme. Le piccole e medie imprese possono fare affidamento sulla bassissima probabilità di controlli. Nelle varie regioni si calcola la presenza di un ispettore del lavoro ogni circa 1.500 – 2.000 imprese: ogni impresa può essere sottoposta a ispezione in media una sola volta nell’arco di un numero considerevole di anni.

Le stesse norme vigenti, peraltro, concedono alle imprese ampie discrezionalità nella tutela della salute e della sicurezza. I datori di lavoro che occupano fino a 50 lavoratori possono avvalersi delle “procedure standardizzate” di valutazione dei rischi elaborate dalla Commissione consultiva permanente. In attesa di tali procedure, e comunque dal 2008 a fine giugno 2012, i datori di lavoro che occupavano fino a 10 lavoratori hanno potuto “autocertificare l’effettuazione della valutazione dei rischi”. Ciò ha disposto l’art. 29, ai commi 5 e 6, del d.lgs.81/2008, il “testo unico” vigente in tema di “tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”. L’art. 30 dello stesso decreto esime da responsabilità persone giuridiche, società e associazioni (secondo il d.lgs. 231/2001) che adottano un “modello di organizzazione e di gestione” che implica l’adempimento degli obblighi giuridici riguardanti la salute e la sicurezza. Sono ritenuti conformi ai requisiti (comma 5) i modelli che seguono le linee guida UNI-INAIL “per un sistema di gestione della salute e della sicurezza sul lavoro” del 2001, o il British Standard OHSAS 18001:2007. Ulteriori “modelli” possono essere indicati dalla Commissione consultiva permanente.

E’ opportuno tradurre il linguaggio involuto e nello stesso tempo impreciso del legislatore. Le procedure non possono non essere standard, e i “modelli di organizzazione e di gestione” non sono altro che insiemi di procedure. Le disposizioni citate dicono, in sostanza, che ove siano disposte (adottate e attuate) determinate procedure, si ritengono assolti gli obblighi riguardanti la salute e la sicurezza. Altra cosa, tuttavia, è lo svolgimento di attività effettivamente corrispondenti ai dettati delle procedure: tale coincidenza non si verifica mai, come dimostrano biblioteche intere di ricerche sul lavoro (evidentemente ignote al legislatore). Peraltro numerose valutazioni critiche di campo giuslavoristico riguardano principalmente la ridondanza del testo legislativo e la sua tendenza a voler risolvere i problemi della prevenzione tramite procedure e certificazioni.

La “Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro” è istituita in base all’art. 6 del d.lgs. 81/2008. E’ composta di rappresentanti di vari Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, delle regioni e delle province autonome, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro. Ha tra i suoi rilevanti compiti: elaborare le procedure di valutazione dei rischi di cui all’art. 29; indicare i modelli di organizzazione e gestione di cui all’art. 30; esaminare l’applicazione della normativa sulla salute e la sicurezza; validare le “buone prassi” in materia; redigere annualmente una relazione sullo stato di applicazione delle norme.

Le “buone prassi” sono “soluzioni procedurali” elaborate principalmente dall’ISPELS (confluito nell’INAIL nel 2010), cui si affiancano le “linee guida” per l’applicazione delle norme e in particolare per la valutazione dei rischi, indicate dagli stessi istituti. Si tratta di percorsi standard, che il d.lgs. 81/2008 richiama espressamente all’art. 2, c. 1, lettere v e z, e all’art. 9, c. 2, lettere i e l. Il riconoscimento legislativo, e la fonte istituzionale di tali insiemi di procedure, inducono senza dubbio a ritenere assolti gli obblighi di legge da parte delle imprese che vi fanno riferimento. Ciò, per inciso, rischia di indebolire, se non vanificare, il ricco dibattito sull’interpretazione delle norme che dovrebbero assicurare la tutela della salute e della sicurezza. Tutto è demandato all’adozione di procedure.

Ma perfino le procedure possono essere aggirate, o quanto meno liberamente interpretate. E ciò sembra permesso per disposizione legislativa, in quanto in tal senso si possono interpretare i possibili effetti dell’art. 18, c. 1 del d.lgs. 106/2009 che modifica l’art. 28, c. 2 del d.lgs.81/2008. L’art. 28 del decreto 81/2008 prescrive la valutazione dei rischi, e una relazione su tale valutazione in cui devono essere “specificati i criteri adottati”. Quest’obbligo era previsto anche dal d.lgs. 626/94, abrogato dall’attuale “testo unico”, ed era stato interpretato nel senso che si dovesse trattare di “criteri oggettivi”, con particolare riferimento agli orientamenti dell’unità di medicina e igiene del lavoro della Comunità europea: doveva trattarsi in qualche modo di una oggettività scientificamente fondata. Ma il d.lgs. 106/2009 – che modifica quasi ogni articolo del decreto dell’anno precedente nella prevalente se non unica direzione di riduzione delle responsabilità e degli obblighi del datore di lavoro e di attenuazione delle sanzioni previste – recita all’art. 18 che “la scelta dei criteri è rimessa al datore di lavoro”. Ogni oggettività è perduta. Il datore di lavoro è libero di decidere in merito alla valutazione dei rischi che gli compete, attestandone egli stesso la validità.

Ci si può chiedere – a fronte delle pratiche prescritte, suggerite, concesse, dal d.lgs. 81/2008 (e successive modificazioni) – quale possa essere il contenuto della relazione annuale della Commissione consultiva permanente sullo “stato di applicazione delle norme”. La Commissione, di cui fanno parte dieci rappresentanti dei lavoratori, prende atto dei vari percorsi procedurali e attesta di avervi contribuito. Ciò appare dalla relazione dell’anno 2012, pubblicata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri l’11 aprile 2013. La Commissione si è riunita in media ogni quarantacinque giorni, per produrre “procedure standardizzate”, indicare “modelli di gestione”, validare “buone prassi”… In tal senso certifica che sono state applicate (per quanto le compete?) le norme. Nulla dice sull’applicazione delle norme, o delle stesse procedure, nei luoghi di lavoro. E’ arduo sostenere che sia stata così realizzata la tutela della salute e della sicurezza.

Gli approcci

La tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro è l’obiettivo del d.lgs. 81/2008: così appare nella sua intitolazione e come afferma nell’art. 1, “in conformità con l’art. 117 della Costituzione” e “nel rispetto delle normative comunitarie”. Una valutazione esauriente dell’adeguatezza del “testo unico” alla realizzazione dell’obiettivo atteso, o almeno per cercare di perseguirlo, deve prendere in esame l’approccio che indica, e la concezione di prevenzione che esso presuppone. In tal modo si può verificare, da un lato, la congruenza delle scelte di proceduralizzazione, e dall’altro lato, se sono rispettate le normative comunitarie, nonché la Costituzione, che all’art. 32 pone la tutela della salute come diritto fondamentale.

Le “linee guida” proposte dall’ISPELS e in seguito recepite dall’INAIL rappresentano un indicatore privilegiato dell’approccio indicato dal legislatore. E la loro rilevanza è già stata sottolineata, sia in quanto esse ispirano i vari percorsi procedurali, sia in quanto guidano le prassi effettive (nei casi in cui le imprese non si sottraggono in toto alle prescrizioni). Il documento di base, riguardante la “valutazione per il controllo dei rischi”, elaborato nel 1966 (in seguito alla promulgazione del d.lgs. 626/94) e successivamente aggiornato, esprime nel modo più chiaro come viene intesa la prevenzione. In breve, la valutazione deve preliminarmente identificare i rischi esistenti nelle situazioni di lavoro, per poi procedere alla stima della gravità e della probabilità dei loro effetti, e infine porre in atto le misure per farvi fronte. La prevenzione presupposta riguarda indubitabilmente le conseguenze dei rischi, non la loro insorgenza. E’ la prevenzione che il tradizionale linguaggio biomedico chiama “secondaria”, in quanto rivolta a evitare l’accadimento del danno, o addirittura “terziaria”, se diretta a fronteggiare il danno già riscontrato.

Questa concezione di prevenzione non appariva pienamente compatibile con quanto previsto (benché con ambiguità e contraddizioni) dal d.lgs. 626/94, ma è perfettamente adatta all’approccio promosso dal d.lgs. 81/2008. In esso le “misure generali di tutela” (art. 15) iniziano con la valutazione dei rischi, non v’è alcuna traccia di prescrizione di evitare i rischi; la valutazione, poi, è limitata ai “rischi presenti” dall’articolo dedicato alle definizioni (art. 2, q). E la eventuale ricerca di un’idea migliore di prevenzione nella definizione contenuta nell’art. 2, lettera n, no può ignorare che quando il decreto parla di rischi (ad es. agli art. 9, 18, 25, 26, 28, 32, 34, 36, 41, 44) si riferisce solo a “rischi presenti”, o “esistenti”, all’”esposizione ai rischi”, alla “gestione dei rischi”. Ecco l’enunciato chiave: gestione del rischio (risk management). Il d.lgs. 81/2008 non è diretto alla prevenzione dei rischi, ma alla loro gestione. Perciò la scelta della proceduralizzazione è perfettamente congruente.

Il d.lgs. 626/94 non faceva cenno alla gestione del rischio. Il mutamento d’approccio operato dal “testo unico” è gravido di conseguenze. E assume una particolare rilevanza per quanto riguarda i cosiddetti “rischi psicosociali”, tra cui emblematico è il rischio di stress. Il riferimento esplicito allo stress da parte del legislatore del 2008 (art. 28, c. 1) è stato accolto positivamente e anche con enfasi da molte parti, senza osservare che il termine usato è linguisticamente insostenibile e privo di significato specifico. Ma soprattutto non si riflette su ciò che la gestione dei “rischi psicosociali” implica.

Il termine (che è sembrato innovativo, e quindi si è largamente e acriticamente diffuso) è “stress lavoro-correlato”. Il legislatore è stato probabilmente influenzato dalla distinzione tra “affezioni correlate con il lavoro” (da work related diseases) e le tradizionalmente trattate affezioni derivanti da agenti fisici e chimici (occupational diseases): una proposta avanzata negli anni 1980 dall’allora direttore della Clinica del lavoro dell’Università di Milano, e ripresa nell’ambito della disciplina, nel lodevole intento di contrastare l’uso di “affezioni (e danni, e rischi) psicosociali”. Da un lato, l’enunciato “stress lavoro-correlato” in italiano corretto non regge, e d’altro lato non ha alcun senso particolare, poiché si sta parlando di stress nel lavoro. Queste osservazioni non sono irrilevanti: pongono in evidenza la scarsa considerazione, da parte del legislatore del 2008, delle conseguenze che derivano da un riferimento approssimativo a un tema importante e complesso.

Non si può parlare genericamente di “rischi collegati allo stress”, e demandare a procedure la loro identificazione e valutazione. Lo stress non è un “danno”, è una sindrome psico-neuro-endocrina complessa che può essere attivata da stimoli della più varia natura, e che può avere le più varie ripercussioni nell’organismo. Il rapporto tra stimolo e stress, e tra stress ed esiti patologici è un rapporto di possibilità, non di probabilità come la medicina è solita attribuire (peraltro discutibilmente) ai nessi tra agenti fisici o chimici e loro esiti. Ciò che può attivare la sindrome di stress va identificato nella configurazione della situazione di lavoro. Si è diffusa invece l’interpretazione dello stress come “squilibrio tra la percezione che una persona ha delle costrizioni impostegli dal suo ambiente e la percezione che essa ha delle risorse di cui dispone per fronteggiarle”. Questa definizione si trova nelle “linee guida” dell’ISPELS, in conformità con l’Accordo Europeo del 2004 sullo stress al lavoro. L’approccio indicato è la “gestione” di tale rischio “psicosociale” secondo gli standard proposti da Health and Safety Executive, istituzione del Regno Unito per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Le “linee guida” (in Italia e negli altri paesi europei) ostentano l’appoggio di una “vasta produzione scientifica”, ma in realtà hanno un unico e identico riferimento: una definizione psicologica dello stress come derivante da una “valutazione cognitiva” del soggetto coinvolto. Il che, per conseguenza, implica la “gestione del rischio” in capo al soggetto stesso.

Tutti i rischi vanno indagati alla fonte, cioè nella configurazione della situazione di lavoro, per poterli prevenire. Ma ciò assume particolare importanza per l’assurda categoria dei “rischi psicosociali”. La proposta di tale categoria residuale di rischi (ormai condivisa dalle discipline, dalle istituzioni, dalle norme di legge) non è altro che il risultato di un’incapacità di interpretare i nessi tra condizioni della situazione di lavoro e ricadute sulla salute dei lavoratori che non sono riconducibili a una semplice spiegazione di rapporti di causa-effetto, propria dell’interpretazione tradizionale – orientata da criteri di predeterminazione tecnica ed economica – dei danni di origine fisica o chimica. Le conseguenze sono gravi: invece di analizzare le scelte di progettazione e strutturazione della situazione di lavoro che sono all’origine dei rischi, l’approccio alla “gestione” sposta l’attenzione sui rischi già presenti ove si tratti di agenti nocivi fisici o chimici, e direttamente sui lavoratori nel caso di rischi (denominati per insipienza) “psicosociali”. I risultati, evidenti, sono la permanenza di tassi intollerabili di infortuni e l’aumento delle malattie professionali, le politiche di assistenza dei soggetti di fronte ai rischi, le pratiche di wellness, con cui si cerca di curare i lavoratori, o più semplicemente di aiutarli a fronteggiare situazioni di lavoro che non si sa – o non si vuole – modificare.


Il “vero paziente”

Il “vero paziente” è il lavoro, come ha indicato Luigi Devoto il 20 novembre 1902, nell’atto costitutivo della medicina del lavoro come disciplina autonoma. E quindi la prevenzione – nel suo senso compiuto – deve essere perseguita nel lavoro: prevenire i rischi significa evitare che si manifestino, combatterli alla fonte, nelle scelte che configurano le situazioni di lavoro. Ricusare ciò significa anzitutto discostarsi dal senso comune, per il quale ogni sorta di rischio in una situazione di lavoro non può aver origine che dalle scelte che la progettano e la pongono in essere. Significa inoltre disattendere le prescrizioni della direttiva del Consiglio europeo adottata il 12 giugno 1989 per promuovere la salute e la sicurezza nel lavoro, e indirizzata agli Stati membri affinché fosse recepita nei rispettivi ordinamenti e attuata.

La direttiva 89/391/CEE, detta “direttiva quadro”, prescrive la prevenzione intesa come primaria, cioè rivolta a evitare i rischi e a combatterli alla radice, prima che si manifestino nei luoghi di lavoro; generale, cioè riguardante l’intera situazione di lavoro; programmata, cioè concepita anticipatamente e in termini generali; integrata nella concezione delle situazioni di lavoro. Tale indirizzo implica un obbligo di analisi del lavoro, una valutazione generale ed esaustiva, con il pieno coinvolgimento dei lavoratori, fondata oggettivamente su criteri documentati, di forma iterativa, rivolta al miglioramento continuo delle condizioni di lavoro.

Queste prescrizioni erano state recepite, anche se non integralmente e correttamente, dal d.lgs. 626/94, che ha trasposto (in ritardo) la direttiva europea nell’ordinamento italiano, ma sono totalmente disattese dal d.lgs. 81/2008 attualmente in vigore. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea già aveva condannato l’Italia per alcuni scostamenti del d.lgs. 626/94 dalla direttiva comunitaria (C.G.U.E., sez. V, 15 novembre 2001, c. 49/00). Attualmente, l’Italia rischia un nuovo deferimento alla Corte di Giustizia, in seguito a una procedura di infrazione (n. 2010/4227) avviata dalla Commissione europea nel 2010, in particolare per violazione della direttiva per quanto riguarda la responsabilità del datore di lavoro in caso di delega e subdelega di alcuni dei suoi obblighi concernenti la salute e la sicurezza, e i termini impartiti per la redazione dei documenti concernenti la valutazione dei rischi per una nuova impresa o per modifiche sostanziali apportate in un’impresa esistente. Va notato, tuttavia, che tale procedura di infrazione è stata stimolata da una iniziativa autonoma e individuale – lodevolissima – di un operaio metalmeccanico fiorentino (Marco Bazzoni), rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, e che riguarda solo punti specifici della normativa in vigore. Ci si può chiedere perché non vi sia stata sinora alcuna iniziativa istituzionale, anzitutto da parte del sindacato, e riguardante l’impianto generale del d.lgs. 81/2008.


In sintesi

L’incidenza degli infortuni sul lavoro, in particolare gli incidenti mortali, non è diminuita negli ultimi anni, come apparirebbe dai dati dell’INAIL, che si riferiscono unicamente agli incidenti dichiarati e concernenti i lavoratori iscritti per l’assicurazione obbligatoria a questo istituto. Occorre tener conto del calo costante dell’occupazione, e dell’aumento abnorme della cassa integrazione, cioè della rilevante diminuzione delle ore lavorate, e quindi dell’effettiva esposizione ai rischi. Occorre poi tener conto del lavoro irregolare, del lavoro “in nero” di quote consistenti di lavoratori dipendenti, di pensionati, di immigrati con permesso di soggiorno, nonché del lavoro degli immigrati irregolari. Non si può affermare che l’incidenza degli infortuni sul lavoro si sia ridotta, assai probabilmente si è invece accresciuta. Come si è accresciuta l’incidenza delle malattie professionali.

Ci si deve allora chiedere perché la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro non migliora, ma semmai peggiora. Per quanto riguarda le pratiche correnti si può anzitutto osservare che le imprese tendono a sfuggire agli obblighi di legge, delocalizzando attività gravose e maggiormente esposte a rischi, preferendo pagare le ammende piuttosto che rispettare i dettati normativi, fidando nella scarsissima probabilità di controlli ispettivi. Le stesse norme vigenti, peraltro, concedono alle imprese ampie discrezionalità nella tutela della salute e della sicurezza, prevedendo procedure di vario genere, in particolare le procedure di valutazione dei rischi contenute nelle “linee guida” elaborate dall’ISPELS e riprese dall’INAIL, che, se adottate, assolvono dagli obblighi prescritti. A ciò si aggiunge la possibilità per il datore di lavoro di scegliere i criteri per la valutazione dei rischi, una scelta autonoma che può incidere sulla stessa attuazione delle procedure e tradursi in una sorta di autocertificazione.

Le pratiche basate sulla proceduralizzazione sono peraltro congruenti con l’approccio espressamente indicato dalle norme vigenti. Si tratta di un indirizzo volto, nel migliore dei casi, alle conseguenze dei rischi, non a evitare che vengano in essere nella situazione di lavoro. Ciò appare con piena evidenza nelle “linee guida”, e ancor prima nel testo del d.lgs. 81/2008, che fa riferimento esclusivamente a rischi esistenti, e alla “gestione dei rischi”. In realtà le norme vigenti non sono dirette alla prevenzione dei rischi, ma alla loro gestione. Le gravi conseguenze che ne derivano hanno particolare importanza per quanto riguarda i cosiddetti “rischi psicosociali”. Invece di ricercare l’origine dei rischi nelle scelte di progettazione e strutturazione della situazione di lavoro che li possono attivare, l’approccio alla “gestione” sposta l’attenzione sui rischi già presenti ove si tratti di agenti nocivi fisici o chimici, e direttamente sui lavoratori nel caso di rischi assurdamente denominati “psicosociali”. Il caso dello stress al lavoro è il più significativo e rilevante.

La prevenzione – nel suo senso compiuto – deve essere perseguita nel lavoro, nelle scelte di progettazione e configurazione delle situazioni di lavoro. Ciò è quanto suggerisce il senso comune, e quanto ha prescritto la direttiva del Consiglio europeo adottata il 12 giugno 1989 per promuovere la salute e la sicurezza nel lavoro. Essa, imprecisamente recepita dal d.lgs. 626/94, appare totalmente disattesa dal d.lgs. 81/2008. Il “testo unico” ora vigente non promuove, di fatto, la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. C’è da dubitare che rispetti il dettato costituzionale. E di fronte all’inadeguatezza delle norme, alle pratiche elusive delle imprese, alle pratiche raccomandate che allontanano da una reale prevenzione, ai morti e agli infortunati quotidiani, si assiste a un pervasivo immobilismo.


Indicazioni bibliografiche per approfondimenti

Alcune pubblicazioni del Programma Interdisciplinare di Ricerca Organization and Well-being

Maggi B., 1994/2010, Organizational analysis, occupational medicine and union action: a possible encounter / Analisi organizzativa, medicina del lavoro e azione sindacale: un incontro possibile, http://amsacta.cib.unibo.it, Bologna: TAO Digital Library (www.taoprogams.org).

Maggi B., 1997, Analisi e progettazione del lavoro per la tutela della salute. L’orientamento innovativo del d.lgs. 626/94, in Montuschi L. (Ed.), Ambiente, salute e sicurezza. Per una gestione integrata dei rischi di lavoro: 323-350, Torino: Giappichelli; (2003 ed. fr., Etude du travail et action pour le bien-être, in Maggi B., De l’agir organisationnel. Un point de vue sur le travail, le bien-être, l’apprentissage: 159-179, Toulouse: Octarès Editions; 2006 ed. port., Estudo do trabalho e ação pelo bem-estar, in Maggi B., Do agir organizacional, Um ponto de vista sobre o trabalho, o bem-estar, a aprendizagem: 147-165; Sao Paulo: Editora Edgard Blücher; 2009 ed. sp., Estudio del trabajo y acción para el bienestar, in Maggi B., El actuar organizativo. Un punto de vista sobre el trabajo, el bienestar, el aprendizaje; 229-257, Madrid: Editorial Modus Laborandi).

Maggi, B., 2006, L’analisi del lavoro a fini di prevenzione, Quaderni di Diritto del Lavoro e delle Relazioni Industriali, 29: 13-27; (2008 ed. fr., Organisation et bien-être. L’analyse du travail aux fins de prévention, in Terssac, G. de, Saint-Martin, C., Thiébault, C. (Eds.), La précarité : une relation entre travail, organisation et santé : 193-206, Toulouse : Octarès Éditions).

Maggi B., 2006, Bem-estar / Bienestar, Laboreal, 2, 1, http://laboreal.up.pt/: 62-63.

Maggi B., Rulli G. (Eds.), 1994/2010, Lavoro organizzato e salute in un laboratorio di analisi cliniche (testi di: P. Mocarelli, G, Rulli, M. D’Orso), http://amsacta.cib.unibo.it, Bologna: TAO Digital Library (www.taoprograms.org).

Maggi B., Rulli G. (Eds.), 2011, Decreto Legislativo 81/2008. Quale prevenzione nei luoghi di lavoro? (testi di: B. Maggi, G. Rulli, R. Del Punta, P. Pascucci, A. Salento, T.M. Fabbri), http://amsacta.cib.unibo.it, Bologna: TAO Digital Library (www.taoprogams.org).

Maggi B., Rulli G. (Eds.), 2011, Prevention at work and stress evaluation in France and in Italy / La prévention sur les lieux de travail et l’évaluation du stress en France et en Italie / Prevenzione nei luoghi di lavoro e valutazione dello stress in Francia e in Italia (testi di: P. Etienne, B. Maggi, A. Salento, Y. Clot, G. Costa, G. Rulli), http://amsacta.cib.unibo.it, Bologna: TAO Digital Library (www.taoprograms.org).

Maggi B., Rulli G., 2012, Work analysis for prevention according to the “Organization and Well-being” Program / L’analyse du travail pour la prévention selon le Programme « Organization and Well-being » / L’analisi del lavoro per la prevenzione secondo il Programma “Organization and Well-being”, http://amsacta.cib.unibo.it, Bologna: TAO Digital Library (www.taoprograms.org).

Maggi B., Rulli G., Pascucci P., Marchiori M., Salento A., 2011, Tavola Rotonda. Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, Sociologia del diritto, 38, 3: 167-202.

Marchiori M., Albano V., Barbini F.M., 2012, Organizational choices and occupational health and safety risks prevention. An interpretation of Italian regulations. http://amsacta.cib.unibo.it, Bologna: TAO Digital Library (www.taoprograms.org).

Rulli, G., 1996, La formazione per la prevenzione e il d.lgs. 626/94. Un’esperienza nel settore dei servizi, in Formazione per la prevenzione, metodo delle congruenze organizzative e d.lgs. 626/94, Quaderno del Programma Interdisciplinare di Ricerca Organization and Well-being: 13-67, Torino: Tirrenia Stampatori.

Rulli G., 2006, Il “caso” mobbing come occasione di riflessione biomedica sul disagio nel lavoro e sulla sua prevenzione, Quaderni di Diritto del Lavoro e delle Relazioni Industriali, 29, 29-39.

Rulli G., 2010, Stress at Work: Risk Evaluation and Prevention / Le stress au travail : évaluation du risque et prévention / Lo stress nel lavoro: valutazione del rischio e prevenzione, http://amsacta.cib.unibo.it, Bologna: TAO Digital Library (www.taoprograms.org).

fonte inchiestaonline.it

newsletter diario prevenzione – 23 maggio 2013 vol.n° 71


newsletter diario prevenzione

www.diario-prevenzione.it

23 maggio  2013   vol.n°  71

notizie, documenti e link sui temi del governo dell’ambiente, della salute
e della sicurezza nel lavoro
e sulla responsabilità sociale d’impresa

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L’austerità uccide.


The Body Economic : Why Austerity Kills, in questo  libro che esce oggi in Inghilterra due ricercatori accusano le politiche di recessione di essere la causa della morte di milioni di persone. (1)

Questi due ricercatori non possono essere tacciati di essere dei « gauchistes ». David Stuckler è professore all’Università di Oxford in Inghilterra e Sanjay Basu è epidemiologo all’Università di Stanford.

David Stuckler aveva già pubblicato su riviste prestigiose di medicina come Lancet e British Medical Journal i risultati di ricerche che stabiliscono una correlazione tra l’aumento del tasso dei suicidi in certi paesi europei e l’austerità. Davis Struckler ha altresì recensito più di 10.000 casi di suicidio direttamente imputabili alla crisi in Europa e negli USA dal 2008 in poi.

Esplosione dell’Aids, delle depressioni, ritorno delle malattie della povertà, se l’Europa affonda nella crisi, queste sono, secondo i ricercatori, le politiche di austerità applicate per rispondere alla crisi  che scatenano delle vere e proprie epidemie sanitarie e sociali.

” I nostri decisori politici debbono rendersi conto delle conseguenze gravi sulla salute che derivano dalle loro scelte economiche ” scrive David Stuckler

In appoggio alla loro tesi , i due autori rivisitano cento anni di politica economica attraverso il mondo e insistono sull’impatto potenzialmente mortale dei piani di austerità accompagnati da tagli dei budget nel settore sociale  e della salute nei periodi di recessione .

Gli AA richiamano  all’immagine delle politiche portate avanti in Islanda e Svezia rilevando che al posto di ridurre i budget sociali , gli Stati debbono investire  di più nel sociale: ” un euro di spese in questi settori diventano tre euro in più per l’economia.”

In parallelo a questa ricerca segnaliamo un importante articolo apparso sulla rivista online specializzata nei temi della Mutualitè francese VIVA: ”  DSM-5 : LA TRISTESSE EST-ELLE DEVENUE UN BUSINESS ? ” (2)

DSM-5, come è noto è il Manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali. Questo manuale che esiste da una trentina d’anni fu creato dalla Associazione americana di Psichiatria. La prima edizione di quella che viene considerata la bibbia degli psy in tutto il mondo riportava , all’epoca, 60 tipi di  malattie mentali contro le 355 dell’ultima edizione. La tendenza a classificare, ad esempio,  come patologie sofferenze anche gravi come un lutto consente ai critici di questa monumentale e costosa  check list d’intravvedere un uso improprio della stessa da parte di psichiatri frettolosi o poco riflessivi.

Mentre segnaliamo queste ricerche e articoli interessanti non possiamo trascurare ciò che ci accade accanto.

Giorno dopo giorno ci stiamo abituando a leggere di atti disperati e violenti rivolti contro sè stessi da parte di operai e artigiani, piccoli commercianti, di donne e uomini che hanno perso il lavoro, che non riescono più ad immaginare un futuro per sè e per i propri cari.

Chi scrive avverte il rischio di  un’accettazione sociale e d’una assuefazione  a questo stillicidio di atti  violenza rivolti contro la propria persona che assume contorni inquietanti. Chi non è esposto immediatamente agli effetti della crisi tende a trincerarsi e a difendersi da queste immagini di dolore e di tragedie personali  con le protesi dell’indifferenza : ” mi dispiace, ma non posso farci  nulla”, ” non è un problema che mi riguarda…”

Per ora coloro che hanno perso il lavoro o non l’hanno mai avuto, coloro che vivono appesi al filo di lana di una sequenza di lavori precari che evaporano nel giro di qualche settimana,  vivono il loro disagio in solitudine, in condizioni di dipendenza dalla famiglia, in una prospettiva di impoverimento continuo.


La crisi della politica sta proprio nella incapacità delle forze politiche progressiste di chiamare alla partecipazione su di un progetto di cambiamento questa moltitudine di persone che ora vivono questa condizione d’impotenza rispetto alla possibilità di progettare il proprio futuro.

I giovani leader che si contendono le poltrone di comando mostrano rispetto ai problemi sociali devastanti, prodotti dalla crisi,  un’amabile e totale indifferenza.

Vi è un gingillarsi dei governi su improbabili ricette mercato lavoristiche tese a spezzettare e ad offrire scampoli sempre più residuali di lavoro precario e spogliato di diritti. Queste politiche hanno già mostrato di essere fallimentari in quanto incentivano l’ignavia dei datori di lavoro che non vengono più sollecitati a sviluppare ricerca e innovazione ma si adattano a   sopravvivere alla giornata sfruttando la varietà dei contratti di lavoro precario.

 La sede strategica  del confronto, quindi, non dovrebbe essere  quella del Ministero del Lavoro in un momento in cui il lavoro non c’è, potrebbe essere quella del Ministero dello sviluppo.

Occorrono idee e risorse per una politica di  reindustrializzazione verso produzioni ad elevato contenuto di tecnologie e di valore aggiunto, queste sono le vere priorità. Si rischia altrimenti di ripercorrere le vecchie strade delle deroghe rispetto ai diritti, ai salari e alle condizioni di lavoro. Sono le politiche dei Sacconi e delle Fornero tese solo alla riduzione del valore del lavoro che hanno portato le imprese ad impigrirsi e a deresponsabilizzarsi rispetto al futuro proprio e a quello dei lavoratori.

editor 

(1)  The Body Economic: Why Austerity Kills by David Stuckler and Sanjay Basu

http://www.amazon.com/David-Stuckler/e/B007Y9E6RS/ref=ntt_athr_dp_pel_1/184-3634324-3480846


(2)  DSM-5 : la tristesse est-elle devenue un business ?
http://www.viva.presse.fr/dsm-5-la-tristesse-est-elle-devenue-un-business-167535



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NOTIZIE AMBIENTE SALUTE
SICUREZZA LAVORO

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IN EVIDENZA


Ringraziamo il Dott. Roberto Riverso per averci fornito il testo di questa relazione che fa chiarezza rispetto ad una situazione di disparità di trattamenti per le stesse patologie professionali per davvero insostenibile . editor


20/05/13 – AMIANTO, DIPENDENTI PUBBLICI E MILITARI: L’INSOSTENIBILE DISPARITÀ DI TRATTAMENTO

E’ noto che l’applicazione della normativa sui c.d. benefici previdenziali amianto sia divenuta una sorta di museo dell’assurdità, all’interno del quale si fa fatica a capire quando finisca l’ignoranza e dove inizi il dolo.

Ciononostante era lo stesso difficile da immaginare che l’ordinamento potesse trattare in modo ottusamente sordo persino  dipendenti pubblici ed organi dello Stato, come i militari, alla massa dei quali non disdegna trattamenti discriminatori nell’accesso ai benefici regolati dai commi 7 ed 8 dell’art.13 della legge 257/1992 (e succ. mod.).

Vero è che in questa materia quando uno pensa di aver già abbondantemente toccato il fondo, scopre che esiste un ulteriore fondo fatto di formalismo burocratico, disinteresse per il prossimo e per la giustizia. *

Roberto Riverso
giudice del lavoro tribunale di Ravenna
* si tratta del testo della relazione approntata per il convegno “Quale giustizia per gli esposti e le vittime dell’amianto?” organizzato da AFeVA Sardegna in occasione della GIORNATA MONDIALE DELLE VITTIME DELL’AMIANTO, Alghero 19 aprile 2013


TESTO DELLA RELAZIONE  (formato .pdf  24 pagine )


http://www.diario-prevenzione.it/docbiblio/dipendenti%20pubblici,%20militari%20ed%20amianto.pdf


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IN EVIDENZA


27 maggio 2013 a Bologna

42° Seminario del Programma Interdisciplinare di Ricerca

Organization and Well-being

in collaborazione con
Dipartimento di Scienze Aziendali, Inchiesta, CGIL Emilia Romagna

Contro le “danze immobili” sulla prevenzione nei luoghi di lavoro


con
Francesco M. Barbini, Vittorio Capecchi, Andrea Caselli, Franco Focareta,
Michela Marchiori, Paolo Pascucci, Gino Rubini, Giovanni Rulli

PROGRAMMA LAVORI

http://www.diario-prevenzione.it/interim/42-SEM%20O&W.pdf



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22/05/13 – Un livre démontre que l’austérité tue

Dans un ouvrage à paraître le 21 mai prochain au Royaume-Uni, The Body Economic : Why Austerity Kills, deux chercheurs accusent les politiques d’austérité menées en période de récession d’être responsable de la mort de millions de personnes.

On ne peut pourtant pas taxer les deux hommes de « gauchistes ». David Stuckler est professeur à l’université d’Oxford au Royaume-Uni et Sanjay Basu, épidémiologiste à l’université de Stanford, aux Etats-Unis.

David Stuckler avait déjà publié dans les très sérieuses revues médicales The Lancet et British Medical Journal les résultats de recherches qui établissent une corrélation entre l’augmentation des taux de suicides dans certains pays européens et l’austérité. Il a ainsi recensé plus de 10 000 cas de suicides directement imputables à la crise en Europe et aux Etats-Unis depuis 2008.

Explosion du Sida, des dépressions, retour des maladies de la pauvreté, si l’Europe s’enfonce dans la crise, ce sont, selon les chercheurs, les politiques d’austérité appliquées pour répondre à la crise qui déclenche de véritables épidémies sanitaires et sociales.

« Nos dirigeants politiques doivent prendre en compte les conséquences graves sur la santé de leurs choix économiques », écrit David Stuckler.

A l’appui de leur thèse, les deux auteurs reviennent sur cent ans de politique économique à travers le monde et insistent sur l’impact potentiellement mortel des plans d’austérité avec leurs lots de coupes budgétaires dans le secteur social et de la santé en période de récession.
Ils en appelent à un new new deal à l’image de la politique menée en Islande et en Suède  estimant qu’au lieu de réduire les budgets sociaux, les Etats doivent investir davantage dans le social « un euro dépensé dans ces secteurs, ce sont trois euros de plus pour l’économie ».

viva.press.fr

http://www.viva.presse.fr/un-livre-demontre-que-austerite-tue-167462


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22/05/13 – DSM-5 : LA TRISTESSE EST-ELLE DEVENUE UN BUSINESS ?


Alors qu’elle vient d’être rendue publique, la version numéro 5 du DSM, le Manuel statistique et diagnostique des troubles mentaux, fait polémique en France. Créée il y a trente ans par l’Association américaine de psychiatrie, la première édition de ce qui est considéré comme la « bible » des psychiatres partout dans le monde, répertoriait, à l’époque, 60 pathologies mentales contre 355 aujourd’hui. La tristesse serait-elle devenue un business, comme l’évoque dans son livre, le psychiatre Patrick Landman, auteur de Tristesse-Business, le scandale du DSM-5  (éd. Max Milo, 12 euros) ? Interview.

segue su fonte vivapresse.fr

http://www.viva.presse.fr/dsm-5-la-tristesse-est-elle-devenue-un-business-167535


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22/05/13 – Modelli 231 e tutela della salute e sicurezza sul lavoro

L’estensione della responsabilità da reato degli enti ex D.Lgs. n. 231/2001 alla salute e sicurezza sul lavoro ha ampliato enormemente il numero delle imprese interessate suscitando qualche preoccupazione, a causa delle pesanti sanzioni economiche e interdittive. La prevenzione dei reati-presupposto, commessi da parte di soggetti che si trovano in un rapporto funzionale con l’ente, nel suo interesse o vantaggio, avviene anche attraverso l’adozione di modelli di organizzazione, gestione e controllo >>>>

segue su sole24ore.it

http://www.diritto24.ilsole24ore.com/civile/civile/primiPiani/2013/05/modelli-231-e-tutela-della-salute-e-sicurezza-sul-lavoro.html


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22/05/13 – Inail: la defibrillazione precoce nei luoghi di lavoro


Un factsheet dell’Inail si sofferma sull’importanza della presenza e utilizzo dei defibrillatori semiautomatici (DAE) nei luoghi di lavoro. L’importanza della velocità dei soccorsi e i luoghi dove installare i DAE. Le indicazioni della Regione Lombardia.

– Più volte la rubrica “Imparare dagli errori” si è soffermata sugli arresti cardiaci, sugli  infarti avvenuti nei luoghi di lavoro. E, come per tanti infortuni di lavoro, l’esito dell’ arresto cardiaco dipende anche dalla prontezza e dall’efficacia dei primi soccorsi che possono fare la differenza tra la vita e la morte.
 
A ricordacelo è un factsheet prodotto dal Dipartimento di Medicina del Lavoro dell’INAIL, uno strumento di facile consultazione ideato per sensibilizzare su specifiche tematiche emergenti in tema di tutela della salute e benessere dei lavoratori.
 
In “ La defibrillazione precoce nei luoghi di lavoro” si sottolinea che in Italia “si registrano ogni anno circa 60.000 decessi per morte cardiaca improvvisa, di cui la maggior parte provocate dalla fibrillazione ventricolare, grave aritmia cardiaca che si risolve solo applicando una scarica elettrica al cuore”. E in caso di arresto cardiaco i tempi di intervento devono essere brevi: “in assenza di un’adeguata e tempestiva risposta all’emergenza, il tasso di sopravvivenza è basso” (7,9% secondo l’American Heart Association).
 
Il riconoscimento rapido dell’emergenza, l’inizio immediato della  rianimazione cardiopolmonare e l’uso del Defibrillatore Semiautomatico (DAE) entro 5 minuti dalla perdita di coscienza portano invece a un “rilevante incremento del tasso di sopravvivenza.  Ogni minuto che passa dall’inizio dell’arresto cardiaco fa scendere del 10% circa le probabilità di successo della scarica elettrica e dopo dieci minuti i danni subiti a livello cerebrale diventano irreversibili”.

segue su puntosicuro.it

http://www.puntosicuro.it/incendio-emergenza-primo-soccorso-C-79/primo-soccorso-C-83/inail-la-defibrillazione-precoce-nei-luoghi-di-lavoro-AR-12862/


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TALLER CONDICIONES Y MEDIO AMBIENTE DE TRABAJO EN EL SECTOR COOPERATIVO IN ARGENTINA

En el marco de la celebración del Día Internacional de los Trabajadores, se brindó en el ex Club Ducilo un taller de formación destinado a los responsables de Seguridad e Higiene de cooperativas y sindicatos de Berazategui.
El eje central fue “Condiciones y Medio Ambiente de Trabajo en el sector cooperativo”. La capacitación fue organizada por la Subsecretaría de Relaciones Sindicales de la Municipalidad, conjuntamente con la Organización No Gubernamental italiana “Nexus”, en el marco del proyecto “Red del Sur”.

Un total de 50 personas, entre trabajadores de cooperativas y representantes sindicales del Distrito, atendieron las ponencias de Alejandro Islas, subsecretario de Ambiente y Desarrollo Sustentable del Municipio; Jorge Córdoba, subsecretario de Relaciones Sindicales; Facundo Deluchi, historiador local; José Orbaiceta, presidente de la Federación de Cooperativas de Trabajo (FECOOTRA); y Gino Rubini, representante de “Nexus” Italia.
Fuentes: Dirección de Prensa – Municipalidad de Berazategui prensabegui@gmail.com Comunicación Institucional – Municipalidad de Berazategui – comunicaciones@berazategui.gov.ar

http://www.diario-prevenzione.it/index.php?option=com_content&task=view&id=3859&Itemid=2




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22/05/13 – NIDIL CGIL: INPS FACCIA CHIAREZZA SU VISITE CONTROLLO

“Centinaia di medici rimasti senza lavoro”
“È singolare che il direttore generale dell’Inps Mauro Nori affermi di non aver mai sospeso le visite mediche disposte d’ufficio dall’Inps. Dal 1° maggio, infatti, centinaia di medici non si vedono assegnare le visite e sono rimasti senza lavoro”. È quanto si legge in un comunicato odierno di Nidil Cgil.

“È vero che la sospensione ha un carattere temporaneo – prosegue il comunicato –, ma solo ieri, dopo che un presidio sotto la sede centrale dell’Inps ha spinto l’Istituto a riceverci assieme alle altre sigle sindacali, abbiamo capito le reali intenzioni dell’istituto rispetto alle visite mediche di controllo”.

“La sospensione ‘temporanea’ serve infatti all’Inps per perfezionare il sistema di ‘data-mining’ per selezionare meglio tra i certificati di malattia quelli da sottoporre a visita”.

segue su fonte rassegna.it

http://www.rassegna.it/articoli/2013/05/21/100631/nidil-cgil-inps-faccia-chiarezza-su-visite-controllo


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DOTT.MICHELE DI LECCE: LECTIO MAGISTRALIS CONVEGNO GENOVA 13.05.2013 – VIDEO Pubblicato in data 20/mag/2013 Fonte amblav.it Convegno, Genova, 13 Maggio 2013 – ore 9,30-13,00 Teatro “Carlo Felice” — Auditorium “E. Montale” (Passo Eugenio Montale, 4 — 16121 Genova)


 Obblighi di Formazione e Novità sulla TSSL dopo i nuovi Decreti: tempi, obblighi, sanzioni: – Novità sul D.Lgs. 81 e proposte di modifica (DDL 462) – Obblighi di Qualificazione dei Formatori Sicurezza – Criteri per diventare Responsabile Progetto Formativo – Responsabilità di: datori di lavoro e Formatori Interverranno, tra gli altri: – Michele Di Lecce, Procuratore Capo, Genova – Anna Giacobbe, Deputato, firmataria DDL 462 di Modifica D.Lgs. 81/2008 – Aristide Capra, CGIL Genova – Guido Torrielli, Confindustria Genova – Carlo Zecchi, INAIL Liguria Per maggiori informazioni visita il sito Http://www.amblav.it


http://www.diario-prevenzione.it/index.php?option=com_content&task=view&id=3857&Itemid=2



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22/05/13 – ETERNIT, MUORE UNO DEI DUE IMPUTATI. A RISCHIO I RISARCIMENTI DELLE VITTIME

Si sgretola una parte importante del processo Eternit a pochi giorni dalla sentenza d’appello prevista per il 3 giugno che ora potrebbe slittare. È morto infatti nella notte scorsa uno dei due imputati, il novantunenne barone belga Louis De Cartier, che accanto al miliardario svizzero Stephan Schmidheiny era imputato nel processo che ha contato oltre 3mila vittime dell’amianto nei quattro stabilimenti italiani del gruppo amianto-cementifero fallito nell’87.

La morte di De Cartier, condannato in primo grado a 16 anni per disastro ambientale doloso, e per il quale il pm Raffaele Guariniello aveva chiesto nella sua requisitoria 20 anni di pena (la stessa richiesta in primo grado) cancella di fatto le responsabilità relative alla sua gestione dal ’66 al ’72.

segue su fonte sole24ore.it

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-05-21/eternit-muore-imputati-rischio-203026.shtml?uuid=Abe05xxH


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3 maggio 2013 – Interpelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro
 

Pubblicate le risposte ai nuovi quesiti
 

Le risposte agli interpelli

vedi anche

Relazione sullo stato di applicazione della normativa di salute e sicurezza e sul possibile sviluppo, ai sensi dell’articolo 6, comma 8, lett. e) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Anno 2012 .



http://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=category&id=174:2013&Itemid=87&layout=default

http://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=9153:relazione-sullo-stato-di-applicazione-della-normativa-di-salute-e-sicurezza-e-sul-possibile-sviluppo&catid=81:documentazione-istituzionale&Itemid=63



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21/05/13 – Studio in vitro sugli effetti immunitari dell’esposizione a nanoparticelle di palladio

RIASSUNTO. La dermatite allergica da contatto al Pd è in aumento nella popolazione; scopo di quest’indagine è di determinare, in donne sensibilizzate al Pd, il rilascio di citochine dalle PBMC esposte a nanoparticelle di Pd, simili a quelle emesse dalle marmitte catalitiche. PBMC di 8 donne non-atopiche e di 5 sensibilizzate al Pd erano incubate con stimolazione con LPS in presenza di nanoparticelle di Pd (5-10 nm) o potassio esa-cloropalladato 10-5 and 10-6 M. Questo sale di Pd inibiva il rilascio di IFN-γ, TNF-α, IL-10 ed IL-17 dalle PBMC delle donne non atopiche, mentre le nanoparticelle di Pd favorivano il rilascio di IFN-γ ed inibivano quello di TNF-α ed IL-17. Nelle donne sensibilizzate al Pd, con alti livelli basali di rilascio di citochine, l’esacloropalladato di Pd 10-5 M (ma non le nanoparticelle) inibivano il rilascio di IL-10 ed IL-17. In conclusione, il sale di Pd la produzione di citochine dalle PBMC, mentre le nanopartcelle di Pd esercitano effetti modulatori stimolando il rilascio di IFN-γ, con un ruolo importante nelle malattie autoimmunitarie.

ABSTRACT. IN VITRO STUDY ON THE IMMUNE EFFECTS OF THE EXPOSURE TO PALLADIUM NANOPARTICLES. Pd allergic contact dermatitis is increasing in the general population; aim of this preliminary study was to determine, in women with Pd sensitization, the cytokine release from PBMC exposed to Pd nanoparticles similar to those emitted from catalytic converters. PBMC of 8 non-atopic and of 5 Pd sensitized women were incubated with LPS stimulation in presence of Pd nanoparticles (5-10 nm) or potassium hexa-chloropalladate 10-5 and 10-6 M. This Pd salt inhibited IFN-γ, TNF-α, IL-10 and IL-17 release from PBMC of non-atopic women, whereas Pd nanoparticles enhanced the release of IFN-γ and inhibited that of TNF-α and IL-17. In the Pd-sensitized women. with high basal values of cytokine release, the 10-5 M Pd salt (but not Pd nanoparticles) inhibited IL-10 and IL-17 release. In conclusion, Pd salt inhibits the cytokine release from PBMC, whereas Pd nanoparticles exert modulatory effects enhancing release of IFN-γ which plays an important role in autoimmune diseases. Key words: palladium, nanoparticles, ACD (allergic contact dermatitis).


segue su fonte sicurezzaonline.it

http://www.sicurezzaonline.it/homep/infcro/infcro2013/infcro201305/infcro20130520.htm


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21/05/13 – Infortuni e malori: una check list di primo soccorso aziendale

Riprendono i controlli sull’organizzazione e sulle strutture di Primo Soccorso Aziendali. Una nota informativa dell’Asl di Bergamo, la check list relativa alla gestione aziendale dei casi di infortunio e/o malore e i protocolli operativi interni.

segue su fonte puntosicuro.it


http://www.puntosicuro.it/incendio-emergenza-primo-soccorso-C-79/primo-soccorso-C-83/infortuni-malori-una-check-list-di-primo-soccorso-aziendale-AR-12857/


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21/05/13 – Incidenti lavoro: muore operaio alle Acciaierie Venete



E’ morto oggi, 20 maggio, all’età di 57 anni, l’operaio rimasto vittima di un incidente sul lavoro alle Acciaierie Venete di Sarezzo (Brescia) lo scorso 8 maggio. L’uomo, come riporta il sito Bresciatoday, era caduto in una vasca di raffreddamento riportando gravissime ustioni sul 90% del corpo.

L’operaio, che si chiamava Matteo Canta, si è spento nel reparto grandi ustionati dell’ospedale di Verona. Ora si attendono i risultati delle indagini effettuate dai carabinieri e dai tecnici della Medicina del lavoro dell’Asl di Brescia per accertare le responsabilità di questa ennesima tragedia sul lavoro.

fonte rassegna.it

http://www.rassegna.it/articoli/2013/05/20/100571/incidenti-di-lavoro-muore-operaio-alle-acciaierie-venete



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17/05/13 – APPROCCIO SISTEMICO NELL’INSEGNAMENTO DELLA SICUREZZA LAVORO A SCUOLA, RELAZIONE EU-OSHA


BILBAO – Pubblicata da EU-OSHA la relazione Occupational safety and health and education: a whole school approach, studio che affronta l’educazione al rischio e la promozione della salute e della sicurezza sul lavoro a scuola.

Il documento analizza diversi progetti scolastici  e individua nell’approccio sistemico una strategia formativa efficace e necessaria.

Secondo questo approccio insegnare la salute e sicurezza a scuola implica non solo uno specifico impegno sul contenuto dell’insegnamento, ma anche sui luoghi dove l’insegnamento viene realizzato: l’educazione al rischio deve avvenire in un luogo sano e sicuro e passare attraverso la partecipazione attiva di bambini e ragazzi alla gestione della sicurezza e della salute.

Con l’approccio sistemico la SSL viene quindi insegnata attraverso il fare, integrandone i principi in tutte le attività scolastiche e affidandone la gestione a bambini e ragazzi in prima persona.

Ai ragazzi viene richiesto di individuare e segnalare i pericoli, valutare i rischi e adottare soluzioni. Sviluppando questa metodologia a livelli diversi gli studenti possono impegnarsi non solo nella cura delle strutture e delle attrezzature, ma occuparsi anche delle procedure, della gestione, e incidere nella stessa cultura dell’istituto di istruzione.

Insegnare in questo modo la salute e sicurezza agli alunni vuol dire aiutare bambini e ragazzi a sviluppare le loro conoscenze e la loro capacità di identificazione del pericolo e di controllo del rischio, sia a scuola che fuori, e allo stesso tempo vengono rafforzate le loro competenze per quanto riguarda la responsabilità e la partecipazione in generale.

Da sottolineare inoltre che questo tipo di approccio coinvolge tutto il personale scolastico e rende competenti e responsabili sia tutti i docenti che il personale ausiliario innescando dei circoli virtuosi di comunicazione e collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti.

In ultimo la ricchezza di questo insegnamento può facilmente aprirsi a temi correlati e divenire strumento privilegiato per realizzare progetti di promozione della salute, prevenire il bullismo e la violenza a scuola, e affrontare tematiche attuali quali lo sviluppo sostenibile e le questioni ambientali.
fonte QUOTIDIANO SICUREZZA

http://www.quotidianosicurezza.it/formazione/progetti-formazione/insegnamento-sicurezza-lavoro-scuola.htm


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L’AQUILA: GIUDICE, SCOSSA 6 APRILE NON IMPREVEDIBILE


 La forte scossa che il 6 aprile 2009 ha distrutto la citta’ capoluogo “non era affatto imprevedibile” secondo quanto scrive il giudice del Tribunale de L’Aquila Giuseppe Grieco nelle motivazioni della sentenza per il crollo della Casa dello Studente depositate oggi. fonte ADN KRONOS


Leggeremo con attezione  le argomentazioni con le quali il  magistrato dott. Giuseppe Grieco  ha reso sostenibile la sua dichiarazione … Siamo molto curiosi : forse siamo di fronte ad una rivoluzione copernicana della scienza sismologica. In tal caso sarebbe opportuno proporre questo magistrato alla Presidenza della Commissione Grandi Rischi ….. editor


http://www.diario-prevenzione.it/index.php?option=com_content&task=view&id=3850&Itemid=2


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17/05/13 – WALMART REFUSES TO JOIN WORKER SAFETY DEAL

Asda owner says deal signed by rivals is unnecessary and agrees to inspect factories it uses in country within six months


Walmart has confirmed it will not sign up to a legally binding agreement on worker safety and building regulations in Bangladesh supported by retailers including H&M, Zara, Primark, Tesco, Sainsbury’s, Marks and Spencer, Next, C&A and several others.

However, the US retail giant has created its own agreement, which it claims goes beyond the current accord that was drafted by labour groups and campaigners.

The company, which also owns the UK’s third biggest supermarket, Asda, said the deal signed by its rivals was “unnecessary to achieve fire and safety goals” and questioned the “governance and dispute-resolution mechanisms”.

Instead, Walmart has agreed its own deal to inspect all 279 factories it uses in Bangladesh within six months, and has promised to publish the findings immediately.

Bosses claim this goes beyond the UNI Global Union and IndustriALL deal, pointing out the agreement requires 65% of inspections instead of 100% inspections taking place and argue its own deal means results are published straight away rather than within 45 days.

segue su


http://www.guardian.co.uk/business/2013/may/15/walmart-opts-out-bangladesh-rana-plaza


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L’Union européenne est le nouveau “malade de l’Europe”
 
European Union support
 

Une majorité de citoyens européens perd foi en l’Union européenne à la suite de ses politiques d’austérité drastiques et le soutien des Français vis-à-vis de l’UE décline à une vitesse dramatique.
 

C’est la conclusion d’une nouvelle enquête du Pew Research Centre, un think tank américain qui réalise des enquêtes sur les opinions publiques aux États-Unis et dans le monde.



http://www.diario-prevenzione.it/index.php?option=com_content&task=view&id=3848&Itemid=2


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NOTA PER I LETTORI E UTENTI DELLA NEWSLETTER

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00:08 23/05/2013
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Cordiali saluti a tutt.*, grazie per l’attenzione

Gino Rubini, editor di www.diarioprevenzione.it
 

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Per favore non stampare questa newsletter
per non sprecare risorse energetiche ed ambientali . grazie

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newsletter diario prevenzione :: 9 maggio 2013 ::: vol.n° 70 :::


newsletter diario prevenzione

www.diario-prevenzione.it

9 maggio  2013   vol.n°  70

notizie, documenti e link sui temi del governo dell’ambiente, della salute
e della sicurezza nel lavoro
e sulla responsabilità sociale d’impresa

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GENOVA: UNA TRAGEDIA CHE SI POTEVA PREVENIRE ?


La tragedia è  avvenuta nel Porto di Genova ove una nave in manovra, fuori controllo, ha urtato la base della torre di controllo abbattendola e procurando la morte dei controllori e dei piloti che si trovavano all’interno della stessa.

 Il dolore e il cordoglio per le vittime di questa tragedia non impedisce tuttavia a chi si occupa di sicurezza e prevenzione degli incidenti di formulare, in attesa dei risultati dell’indagine giudiziaria, alcuni quesiti.

Le cause e concause  di questa tragedia verosimilmente sono molteplici e solo un’indagine accurata potrà costruire il profilo degli eventi e dei fattori che hanno determinato questa tragedia.

Le manovre di navi sempre più grandi mettono in crisi le strutture logistiche e il layout di molti porti. La logica neoliberista tesa a ridurre i costi ha comportato la riduzione delle manutenzioni in molte situazioni, anche il trasporto marittimo è sottoposto a queste logiche ispirate al massimo ribasso anche rispetto alla gestione della sicurezza.

Una indagine  sui determinanti di questa tragedia verosimilmente va ben oltre la logica dell’indagine giudiziaria tesa a ricercare le responsabilità individuali riferite alla fase terminale dell’evento, al momento in cui il comandante e il pilota hanno perso il controllo della porta container.

E’ l’indagine di sistema che prende in considerazione le trasformazioni che sono avvenute nel mondo dei trasporti marittimi che può individuare i fondamentali che hanno “costruito” le premesse perchè la tragedia avvenisse.

Sono aumnentate le dimensioni delle navi, si sono compressi i tempi per le manovre. Sarà compito dei magistrati individuare quanto le logiche del massimo ribasso su tutti i costi hanno favorito questo evento tragico.

Sono note  peraltro le richieste degli armatori alla Commissione europea di “liberalizzare” le manovre in porto che, se fossero accolte le loro richieste , potrebbero essere effettuate dal personale di bordo della nave senza l’ausilio di piloti del porto.

Vi è poi un aspetto che pare essere trascurato nei resoconti dei giornali e dei media: la sicurezza passiva del layout del porto.

L’allocazione della torre di controllo in prossimità delle aree di manovra delle navi era stata valutata come sicura ?
I progettisti che hanno individuato il sito ove costruire la torre di controllo avevano svolto preventivamente una valutazione corretta dei rischi rispetto alla possibilità che una nave cargo fuori controllo  con la forza d’urto della grande massa in movimento colpisse la base d’appoggio della torre abbattendola ?

Questo evento tragico poteva essere prevenuto nella fase progettuale della scelta del sito ove è stata costruita la torre ?

Questo evento tragico è avvenuto in un porto in cui ogni anno arrivano e partono oltre 6000 navi ogni anno. A maggior ragione i progettisti del layout, a fronte dei grandi flussi di traffico di questo porto, avrebbero potuto simulare anche un caso di perdita di controllo di una grande nave e prevedere il rischio cui era esposta la torre di controllo e altre strutture di servizio del porto ?

Questi sono i quesiti che, lontani dal luogo dell’evento tragico, ci sentiamo di proporre. Il Porto, con questa tragedia, ha mostrato che vi sono delle gravi vulnerabilità:  appare molto superficiale l’attenzione dei media rivolta solo alle responsabilità del comandante e del pilota. Questo è un aspetto importante che i magistrati chiariranno con le loro indagini, resta tuttavia il quesito riguardante la responsabilità di coloro che hanno deciso il luogo ove è stata costruita la torre, un luogo vulnerabile e senza protezioni rispetto ad un evento drammatico come la perdita del controllo della nave porta container.

Per davvero inopportuna e fuori luogo   appare, a nostro parere,  quindi la dichiarazione del Presidente dell’Area Portuale così come riportata dalle Agenzie di stampa: ” Il porto di Genova e’ sicuro e la tragedia della nave portacontainer Jolly Nero e’ avvenuta in condizioni di sicurezza obiettivamente ottimali.” Lo ha dichiarato il presidente dell’Autorita’ portuale genovese Luigi Merlo.
Sarebbe bene invece che il Presidente si ponesse in una posizione di dubbio e facesse intraprendere ai suoi tecnici  una “ri-valutazione” dei rischi presenti nel layout  dell’area  portuale che presiede.

editor


11.29 09/05/2013


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NOTIZIE AMBIENTE SALUTE
SICUREZZA LAVORO


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La torre della morte
 
di Santo Della Volpe

Ora,per favore, non si parli di fatalità’ e non si cerchi di far cadere sotto una marea di parole inutili la tragedia di Genova, sperando che passi nelle pagine interne dei giornali in pochi giorni,prima di sparire nelle pagine locali della Liguria. Perché troppe sono le domande senza risposta, da chi in mare ci vive e da chi ha visto per anni quella bella torre del porto, lavorandoci e vivendoci 24 ore al giorno. Ora che è crollata come un castello di carta,ora che ha travolto e ucciso 9 persone,lavoratori del mare, quella torre nel cuore del porto di Genova ha un aspetto sinistro: un inutile ammasso di macerie. Eppure era l’orgoglio di Genova, uno dei tanti, perché questa città’ sul mare si raggomitola intorno a quel porto ed a chi ci lavora. Talmente vicino al mare da volere e trovare bellissima quella torre a picco sull’acqua: così vicina, troppo vicina al mare.

segue su fonte

http://www.articolo21.org/2013/05/la-torre-della-morte/


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Per l’incidente al porto di Genova indagati il comandante e il pilota della “Jolly Nero”



Il reato ipotizzato dalla procura, che ha acquisito la scatola nera della portacontainer, è omicidio colposo plurimo. All’origine del disastro, secondo quanto riferito alla Camera dal ministro delle Infrastrutture e i Trasporti, Maurizio Lupi, possibili avarie o un errore nella manovra effettuata dalla nave, che era assistita da due rimorchiatori

ROMA – “Non si è ancora in grado di definire le cause del disastro. Non si possono però escludere allo stato diverse ragioni del sinistro: possibili avarie di propulsione della nave, eventuali problemi ai cavi di trazione dei rimorchiatori, eventuali difetti di accosto, velocità della manovra effettuata”. Lo ha spiegato oggi pomeriggio il ministro delle Infrastrutture e i Trasporti, Maurizio Lupi, riferendo alla Camera sul grave incidente avvenuto ieri sera nel porto di Genova.


http://www.diario-prevenzione.it/index.php?option=com_content&task=view&id=3829&Itemid=53


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LE NOTIZIE DALL’ASSOCIAZIONE AMBIENTE LAVORO


 N. 34 del 07/05/2013

7 Interpelli: Requisiti Coordinatori – Obblighi di PSC Rischi Stress e Stuntmen – Idoneità lav. autonomi – Visite stagisti minorenni – Servizi igienico assistenziali

News: Malattie professionali e Sostanze pericolose

Cassazione: Sentenza su Responsabilità di RSPP e Direttore Manutenzione, commento di Anna Guardavilla
 

>>>NEWS
Interpello:  Idoneità tecnico professionale lavoratori autonomi

Interpelli:  Valutazione Stress e Stuntmen

Interpelli:  Requisiti del Coordinatore e obbligo di PSC in casi di emergenza

Interpelli:  Visite stagisti minorenni e servizi igienico assistenziali

EU-OSHA: Malattie professionali: studi sulla prevenzione

EU-OSHA: Sostanze pericolose: migliorare la protezione dei lavoratori contro le esposizioni

Cassazione: Responsabilità D.Lgs. 231 dell’Ente e confisca denaro per evasione fiscale commessa dall’Amministratore

Fisco: Circolare omnibus n. 12/E dell’Agenzia delle Entrate.

Slow Fish  Si terrà a Genova, dal 9 al 12 maggio 2013

UNESCO-IUCN: In pericolo barriera corallina Australia

Mercedes:  Pubblicità unfair. Una vittoria dell’Associazione genitori antismog

>>>Vai all’elenco completo delle NEWS

http://www.amblav.it/vedi_newsletter.aspx?IDNewsletter={5ADDF798-C992-4EA8-9F90-877E4EC8E9EC}


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VIDEO : FALL PROTECTION CAN SAVE YOUR LIFE



http://www.diario-prevenzione.it/index.php?option=com_content&task=view&id=3825&Itemid=2


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08/05/13 – LES VICTIMES VEULENT QUE L’AMIANTE CHRYSOTILE SOIT INSCRIT SUR LA LISTE DES PRODUITS DANGEREUX

Alors que s’ouvre à Genève la sixième conférence de la Convention de Rotterdam, l’Association nationale de défense des victimes de l’amiante (Andeva), l’Association italienne des victimes de l’amiante (Afeva) et Rotterdam Convention Alliance (Roca) appellent à manifester le 7 mai sur la place des Nations à Genève. Des délégations de victimes de l’amiante de divers pays ainsi que des associations locales et des syndicalistes de plusieurs régions de France sont attendus (Nord–Pas-de-Calais, Ile-de-France, Rhône- Alpes, Aquitaine, Lorraine …).

Pour les associations de victimes de l’amiante, l’enjeu est de taille. Il s’agit, après plusieurs échecs, de faire inscrire l’amiante chrysotile sur la liste des produits dangereux, lors de la conférence de la Convention de Rotterdam.

Placée sous l’égide des Nations unies, elle vise en effet à contrôler le commerce international des produits dangereux, non pas en les interdisant, mais en instaurant simplement l’obligation pour l’exportateur d’informer le pays acheteur des dangers de ces produits et d’obtenir son « consentement éclairé » au préalable.« La liste de ces produits comprend certains pesticides et toutes les variétés d’amiante, toutes… sauf l’amiante chrysotile qui représente 100 % du commerce mondial de l’amiante aujourd’hui et 95 % de l’amiante commercialisé depuis un siècle dans le monde ! », souligne l’Andeva. La faute au Canada, ex-grand exportateur d’amiante, qui par quatre fois depuis 2004 a bloqué les négociations, alors que l’inscription d’un produit sur la liste des produits dangereux requiert l’unanimité des participants.

Concrètement, cela signifie qu’il continue d’être commercialisé dans les pays qui ne disposent pas de législation particulière ou de moyens de contrôle efficaces. Ce sont pour l’essentiel des pays émergents.
Hier le Canada, aujourd’hui la Russie contre l’inscription de l’amiante chrysotile

http://www.diario-prevenzione.it/index.php?option=com_content&task=view&id=3824&Itemid=2


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27 maggio 2013 a Bologna

42° Seminario del Programma Interdisciplinare di Ricerca

Organization and Well-being


in collaborazione con
Dipartimento di Scienze Aziendali, Inchiesta, CGIL Emilia Romagna

Contro le “danze immobili” sulla prevenzione nei luoghi di lavoro


con
Francesco M. Barbini, Vittorio Capecchi, Andrea Caselli, Franco Focareta,
Michela Marchiori, Paolo Pascucci, Gino Rubini, Giovanni Rulli

PROGRAMMA LAVORI

http://www.diario-prevenzione.it/interim/42-SEM%20O&W.pdf


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X Rapporto Osservasalute 2012: tagli a sanità mettono a rischio sistema



(regioni.it) I tagli continui e a pioggia che ha subito il Servizio sanitario nazionale rischiano di mettere ”in pericolo” il sistema. Inoltre negli ultimi quattro anni aumentano ”del 20-30%” i suicidi dovuti a motivazioni economiche, mentre ”restano piccoli i numeri totali dei suicidi in Paesi come il nostro”. Lo ha sostenuto Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, presentando il rapporto Osservasalute 2012.
Ricciardi fa anche un appello al ministro della Salute Beatrice Lorenzin per un’intesa tra Stato e Regioni per scongiurare il rischio che non regga il sistema sanitario nazionale.
Ricciardi ha sostenuto che “la contrapposizione che ci e’ stata negli ultimi anni tra Stato e Regioni porta a una chiusura del Servizio sanitario nazionale come e’ accaduto, per motivi diversi, in Portogallo, Grecia e in Spagna. Corriamo un serio rischio di insostenibilità”.
I tagli alla sanità si collegano anche all’ulteriore stretta imposta con la spending review, ”non giustificata” da una ”presunta dispendiosita’ del sistema”, visto che la spesa e’ cresciuta nel 2011 solo dello 0,1%, mantenendo l’Italia al di sotto della media Ue, ”potrebbe generare un impatto negativo di medio periodo sulle condizioni di salute della popolazione, con gravi conseguenze negative anche sul piano economico” se il contenimento dei costi viene perseguito riducendo i servizi.
Nel quadro che emerge dal Rapporto Osservasalute 2012 alla sua decima edizione si riflette quindi soprattutto sugli ”ulteriori sacrifici richiesti alla sanità pubblica”.

segue su

http://www.diario-prevenzione.it/index.php?option=com_content&task=view&id=3822&Itemid=2


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17/04/13 – UN PROCESSO ALLA SIGARETTA ELETTRONICA: CHE DECISIONI PRENDERE SULLA BASE DELLE EVIDENZE DISPONIBILI?


Obiettivo generale

L’evento proposto intende:

    strutturare un percorso formativo che analizzi le tesi scientifiche e gli interessi in gioco;
    realizzare un contradditorio che, a partire dalle evidenze disponibili, veda un confronto tra “accusa” e “difesa” fino ad un giudizio conclusivo che possa indirizzare le decisioni degli operatori clinici e di sanità pubblica.

La finalità del processo non è arrivare ad un verdetto di assoluzione o condanna della sigaretta elettronica e dei suoi promotori/consumatori, bensì quella di raggiungere un consenso sul tema affrontato.

Obiettivi specifici

    valutare l’efficacia della sigaretta elettronica nel promuovere la cessazione a lungo termine;
    valutare l’efficacia nella riduzione nel numero di sigarette fumate e verificare potenziali effetti dannosi;
    produrre informazioni utili per indirizzare le decisioni degli operatori clinici e di sanità pubblica.

Destinatari

25 operatori dei Dipartimenti di Prevenzione e Patologie delle Dipendenze delle ASL del Piemonte.

segue su DORS.IT


http://www.dors.it/pag.php?idcm=4938


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IL  DECRETO SEMPLIFICAZIONI  ADEMPIMENTI INFORMAZIONE FORMAZIONE E SORVEGLIANZA SANITARIA IN AGRICOLTURA


il decreto del Ministro del Lavoro preso di concerto con il Ministro della Salute e con quello delle Politiche Agricole in materia di semplificazione degli adempimenti relativi all’informazione, formazione e sorveglianza saniaria, relativamente alle imprese medie e piccole operanti nel settore agricolo.

IL TESTO

http://www.diario-prevenzione.it/docbiblio/DM%20SEMPLIFICAZIONI%20IN%20GU%2012%20APRILE%202013%20N%2086.pdf


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LA COMMISSIONE EUROPEA PRENDE TEMPO SULLA ELABORAZIONE DEL DOCUMENTO PER UNA STRATEGIA EUROPEA SALUTE SICUREZZA LAVORO 2013 2020


Pubblichiamo la lettera che la Segreteria della Confederazione dei Sindacati europei ha inviato al Presidente della Commissione Europea Barroso. Nella lettera si richiede che la Commissione Europea di redigere il testo definitivo del documento per una strategia salute sicurezza 2013 – 2020.
Non vi sono ragioni per questi ritardi: in seno al Comitato consultivo di Lussemburgo sulla salute e la sicurezza, le parti sociali e governi avevano già condiviso le linee fondamentali per una strategie europea salute e sicurezza e avevano chiesto alla Commissione di redigere il testo definitivo. Nel dicembre 2011, il Parlamento europeo aveva  chiesto la elaborazione di una nuova strategia europea. Le parti coinvolte hanno già espresso un parere secondo le procedure democratiche.
La proposta  da parte del Commissario Andor di lanciare una ulteriore consultazione via internet rivolta a generici cittadini europei appare come un escamotage per prendere tempo. Nel 2013, verosimilmente,  non ci sarà la versione finale del documento per una strategia europea salute e sicurezza sul lavoro, secondo i Commissari i lavoratori possono aspettare ….

IL TESTO DELLA LETTERA


http://www.diario-prevenzione.it/docbiblio/Barosso%20H&S%20strategy.pdf


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LA NEWSLETTER NUMERO 2  DEL CONSORZIO ELETTRA 2000


Numero 2 – Marzo 2013

 

Elenco articoli presentati

    Esposizione professionale ai campi magnetici statici: prospettive e problemi aperti

    Utilizzo di campi elettromagnetici pulsati nella riparazione della cartilagine articolare: il ruolo dell’ingegneria tissutale

    Esposizione di adolescenti a campi a radiofrequenza emessi da telefono cellulare: nessun aumento di sensibilità nell’attività cerebrale

    La percezione del rischio campi elettromagnetici: una problematica ancora attuale
 
Elettra 2000 affiliata ANFOS per la formazione in ambito di Sicurezza sul Lavoro

fonte http://www.elettra2000.it/it/servizi/185-elettra-informa/245-elettra-anfos.html


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Sensibilità Chimica Multipla (MCS) “Una vita che non è più vita”



Una vita che non è più vita. Per una malattia che la Regione Umbria non riconosce come tale, ma che rende impossibile non solo uscire di casa, anche starci dentro. E’ un vero inferno quello che sta vivendo Patrizia Mirti di Nocera Umbra, affetta da una malattia geneticamente rara, la Sensibilità Chimica Multipla (MCS), una patologia che per alcuni esperti diventerà tra le più gravi del mondo negli anni a venire. Si tratta di una sindrome acquisita immunotossica, infiammatoria, multisistemica che colpisce vari organi e apparati. In pratica, il corpo si intossica quando entra a contatto con metalli pesanti, particolati fini e sostanze chimiche, tutte cose che si trovano in qualsiasi oggetto di uso quotidiano. E’ proprio la signora Patrizia a raccontare il suo calvario che va avanti da due anni, da quando ha iniziato a sentirsi male senza una ragione apparente che i medici associavano a problemi nervosi. Niente di più di un esaurimento, dicevano, mentre Patrizia non riusciva più a muoversi. “Svenivo, perdevo la voce, avevo attacchi d’asma e choc anafilattici, perdevo le forze. Mi capitava ogni volta che respiravo un profumo – racconta da dietro la sua maschera per evitare di entrare in contatto con odori di tipo chimico come quello di una crema o di un sapone – ma ai test allergici non emergeva niente, così mi dicevano di mettermi a dieta e riconducevano tutto a un esaurimento. Ma io sapevo di avere qualcosa di fisico, perchè il mio corpo si stava svuotando e certi giorni non riuscivo ad alzarmi dal letto”.
Così la signora Patrizia non si arrende e cerca su internet una risposta al suo stato di salute. “Digitando i miei sintomi ho scoperto questa malattia, la MCS, e ho contattato il dottor Genovesi all’Ospedale Umberto I di Roma”. Dopo la prima visita con l’esperto di Medicina sperimentale, fisiopatologia medica ed endocrinologia arrivano le analisi effettuate in laboratori inglesi e americani, perchè in Italia non c’è la strumentazione. “Le risposte hanno confermato la natura genetica della mia malattia così ho iniziato la terapia”. Una vera e propria cura non c’è.


http://nientebarriere.blogspot.it/2013/05/sensibilita-chimica-multipla-mcs-una.html?spref=tw


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08/05/13 – LES VICTIMES VEULENT QUE L’AMIANTE CHRYSOTILE SOIT INSCRIT SUR LA LISTE DES PRODUITS DANGEREUX


Alors que s’ouvre à Genève la sixième conférence de la Convention de Rotterdam, l’Association nationale de défense des victimes de l’amiante (Andeva), l’Association italienne des victimes de l’amiante (Afeva) et Rotterdam Convention Alliance (Roca) appellent à manifester le 7 mai sur la place des Nations à Genève. Des délégations de victimes de l’amiante de divers pays ainsi que des associations locales et des syndicalistes de plusieurs régions de France sont attendus (Nord–Pas-de-Calais, Ile-de-France, Rhône- Alpes, Aquitaine, Lorraine …).

Pour les associations de victimes de l’amiante, l’enjeu est de taille. Il s’agit, après plusieurs échecs, de faire inscrire l’amiante chrysotile sur la liste des produits dangereux, lors de la conférence de la Convention de Rotterdam.

Placée sous l’égide des Nations unies, elle vise en effet à contrôler le commerce international des produits dangereux, non pas en les interdisant, mais en instaurant simplement l’obligation pour l’exportateur d’informer le pays acheteur des dangers de ces produits et d’obtenir son « consentement éclairé » au préalable.« La liste de ces produits comprend certains pesticides et toutes les variétés d’amiante, toutes… sauf l’amiante chrysotile qui représente 100 % du commerce mondial de l’amiante aujourd’hui et 95 % de l’amiante commercialisé depuis un siècle dans le monde ! », souligne l’Andeva. La faute au Canada, ex-grand exportateur d’amiante, qui par quatre fois depuis 2004 a bloqué les négociations, alors que l’inscription d’un produit sur la liste des produits dangereux requiert l’unanimité des participants.

Concrètement, cela signifie qu’il continue d’être commercialisé dans les pays qui ne disposent pas de législation particulière ou de moyens de contrôle efficaces. Ce sont pour l’essentiel des pays émergents.
Hier le Canada, aujourd’hui la Russie contre l’inscription de l’amiante chrysotile

Mais aujourd’hui la situation a changé : le Canada, qui ne produit plus et n’exporte plus d’amiante, n’a plus d’intérêt commercial et a fait savoir qu’il ne s’opposerait plus à l’inscription. Toutefois tout laisse à penser que la Russie, premier producteur et exportateur mondial d’amiante, qui vient d’adhérer à la Convention de Rotterdam, fera obstacle à l’inscription de l’amiante chrysotile, avec l’appui du Zimbabwe qui souhaiterait rouvrir ses mines d’amiante.

« Alors que les plus hautes autorités scientifiques du monde entier s’accordent pour reconnaître que l’amiante sous toutes ses formes – y compris l’amiante chrysotile – provoque des maladies mortelles, l’industrie de l’amiante et les Etats qui la soutiennent s’obstinent à nier l’évidence et continuent de le répandre à travers le monde, particulièrement dans les pays émergents, souligne l’Andeva. […] Le respect de la vie humaine impose a minima l’information sur les dangers mortels d’un produit comme l’amiante chrysotile. S’opposer pour des raisons de business à son inscription sur la liste des produits dangereux serait une décision gravissime, ressentie comme une intolérable et incompréhensible marque de mépris pour la vie et la santé des peuples ».

Les associations présentes à Genève porteront aux participants à cette conférence un message de Romana Blasotti Pavesi, la présidente de l’Association des victimes de l’amiante italiennes, qui a perdu cinq membres de sa famille, tués par l’amiante.

Elle y rappelle qu’en février 2012,« un tribunal italien a condamné deux dirigeants d’Eternit à seize ans de prison pour leur comportement criminel ; ils ont été reconnus responsables d’avoir dissimulé les dangers de l’amiante, provoquant ainsi une catastrophe humaine et environnementale. Pourtant, aujourd’hui, l’industrie de l’amiante exporte le matériau vers les pays en développement et à revenu intermédiaire, tout en continuant à nier ses dangers. […] Nous, qui avons été témoins directs des terribles souffrances et des décès causés par l’amiante, nous lançons un appel urgent à tous les participants à la Convention pour qu’ils soutiennent l’inscription de l’amiante chrysotile sur la liste des substances dangereuses de la Convention ».
Les associations de victimes reçoivent un soutien international

Cet appel a reçu le soutien d’une trentaine d’associations de nombreux pays : France, Belgique, Espagne, Allemagne, Royaume-Uni, Etats-Unis, Brésil, Pérou, Canada, Corée, Inde, Japon, Hong Kong, Afrique du Sud, Australie…

L’Andeva, l’Afeva, Roca, les associations organisatrices de ce rassemblement, ont écrit à Magdalena Balicka, la présidente de cette sixième Conférence, pour lui demander de recevoir une délégation internationale qui portera la voix des victimes du monde entier.

fonte viva.fr
http://www.viva.presse.fr/les-victimes-veulent-que-amiante-chrysotile-soit-inscrit-sur-la-liste-des-produits-dangereux-167463


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APPUNTI PER UN PROGRAMMA D’INIZIATIVA SINDACALE SU SALUTE E SICUREZZA NEL LAVORO.


Autore : Gino Rubini

Questi appunti intendono essere un brogliaccio di lavoro ed un supporto per elaborare un programma d’iniziativa sindacale su salute e sicurezza.

L’articolo


http://www.diario-prevenzione.it/docbiblio/note_appunti_04_13.docx


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VIDEO DELL’INTERVENTO DI BERNARDETTE SEGOL ALLA CONFERENZA ETUI SU STRATEGIE PER SALUTE E SICUREZZA LAVORO



ETUC General Secretary Bernadette Ségol – ETUI Conference 27 March 2013

L’intervento della Segretaria generale  della Confederazione dei Sindacati Europei alla COnferenza Etui sul tema “Trade unions and civil society for a strong and ambitious EU strategy for health and safety at work 2013-2020.”
E’ molto interessante la presa di posizione critica di Bernrdette Ségol verso la Commissione Europea che vuole sostituire la consultazione delle parti sociali con la electronic consultation erga omnes. Bernadette Ségol critica la linea neo-populista della Commissione che si avvale della pseudodemocrazia della rete per evitare le udienze conoscitive con i sindacati dei lavoratori



http://www.diario-prevenzione.it/index.php?option=com_content&task=view&id=3812&Itemid=2


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Commento “Un viaggio “dentro” l’automobile. Ergonomia e organizzazione del lavoro nel settore automotive in Europa”


Il rapporto “Un viaggio “dentro” l’automobile. Ergonomia e organizzazione del lavoro nel settore automotive in Europa”che qui pubblichiamo è una sintesi della ricerca di Francesco Tuccino, frutto di osservazioni diretta delle condizioni di lavoro nelle linee di produzione di automobili, di interviste e focus group con tecnici, lavoratori e delegati sindacali (120 ore di registrazioni) in 10 fabbriche d’auto in Spagna, Francia, Germania, Italia, Romania, Polonia e Slovacchia, promossa dalla FEM (Federazione europea dei metalmeccanici), su fondi della Comunità Europea…Continua a leggere scaricando i documenti allegati all’articolo.
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fonte

http://www.snop.it/index.php?option=com_content&view=article&id=268:commento-un-viaggio-dentro-lautomobile-ergonomia-e-organizzazione-del-lavoro-nel-settore-automotive-in-europa&catid=39:notizie-prevenzione-e-lavoro

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Sulla responsabilità del preposto di fatto per un infortunio del lavoratore


Dirigere gli operai e impartire istruzioni sulle lavorazioni da eseguire individua una condotta che può essere correttamente collocata nel ruolo del preposto, con l’assunzione di una posizione di garanzia per la sicurezza dei lavoratori. Di G.Porreca.


http://www.puntosicuro.it/sicurezza-sul-lavoro-C-1/rubriche-C-98/sentenze-commentate-C-103/sulla-responsabilita-del-preposto-di-fatto-per-un-infortunio-del-lavoratore-AR-12811/

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NOTA PER I LETTORI E UTENTI DELLA NEWSLETTER


Gentili lettori e  lettrici, la newsletter ha ripreso le sue pubblicazioni regolari dopo una pausa di editor per viaggi per la cooperazione in latino america. Editor Vi invita  ad iscrivervi allo spazio twitter di diario prevenzione che gradualmente sostituirà la newsletter.
Se avete un account twitter potete raggiungere diario prevenzione su twitter e seguire i nostri tweet.

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